Tutti i papà
Il papà non è mica uno solo, di papà ce ne sono tanti e a volte non ce ne sono abbastanza. Il padre per antonomasia è San Giuseppe, che oltre ad essere il padre per antonomasia è stato anche il primo padre putativo della storia (in base alla cronologia biblica, ovvio). “Puto”, dal latino, è “credo”, Giuseppe era colui che “era creduto” padre di Gesù. Inizialmente scettico e non proprio entusiasta, decise di credere al clamoroso miracolo raccontatogli dalla moglie dopo l’apparizione di un angelo in sogno e, contrariamente a quanto si possa pensare, considerate le questioni etiche contemporanee, Giuseppe corrisponde al concetto di padre nell’accezione più moderna che ci possa essere. Per qualcuno, infatti, padre non è chi dona la vita ma chi c’è dopo, e rimane, chi cresce e educa il figlio. La tradizione cristiana colloca la festa di San Giuseppe il 19 marzo (salvo eccezioni) ma i festeggiamenti si fondono con gli antichi riti propiziatori della tradizione pagana e contadina. In tutta Italia la festa del Santo Patrono della Chiesa Cattolica si festeggia in vari modi e il cibo, se si parla di feste, non può mancare. Celebri sono le napoletane zeppole di San Giuseppe, anche se la festa del papà non viene festeggiata solo in Italia. Con influenze più o meno religiose, viene celebrata in momenti diversi dell’anno in altri Paesi, come gli USA o la Thailandia, dove coincide con il compleanno del defunto Rama IX, considerato il padre fondatore della Nazione.
Tanti tipi di paternità
Il papà non è mica solo uno, dicevamo. Ce ne sono di tanti tipi, ci sono i padri della nazione o i padri delle idee, ci sono i padri delle invenzioni o i padri della cucina. Se si parla di paternità in quest’ambito, in Italia il primo nome che viene pronunciato è quello di Pellegrino Artusi. Figlio di droghiere, conoscitore del mondo delle spezie, ha iniziato a interessarsi concretamente alla cucina dopo i cinquant’anni. Nato a Forlimpopoli, si trasferì in Toscana con la famiglia a seguito del saccheggio avvenuto nella sua città natale ad opera di Stefano Pelloni, detto “Il Passatore”. Di Pellegrino Artusi sono celebri le ricette, come quella del minestrone, al quale è legato un famoso aneddoto. Mentre si trovava a Livorno, Artusi si concesse un piatto di minestrone durante il suo soggiorno nella palazzina di Dominici e trascorse un’orrenda nottata. Pensava che fosse colpa del piatto, ma in realtà si trattava dei primi sintomi del colera. Artusi è stato l’autore di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“, che contribuì alla diffusione della lingua italiana su territorio nazionale in quanto prima trattazione gastronomica dell’Italia unita. La figura di Pellegrino Artusi, in effetti, ne ha oscurate altre che non sono meno importanti.
Nella Napoli vivace di fine Settecento Vincenzo Corrado era il cuoco, filosofo e letterato, preferito dagli ambienti dell’alta borghesia. Richiestissimo nelle corti nobiliari partenopee, è stato l’autore de “Il cuoco galante“, pubblicato nel 1773 e diventato subito un “best seller”. Corrado fu il primo a mettere per iscritto le ricette della cucina mediterranea, riuscì a valorizzare la cucina regionale pur strizzando l’occhio a quella francese, allora fortemente influente. In una Napoli in continuo fermento, Corrado riuscì a distaccarsi dalle sue umili origini diventando un punto di riferimento per la nobiltà locale e si dimostrò lungimirante quando pubblicò il “Vitto Pitagorico“, uno dei primi libri vegetariani, ricamato sulle abitudini alimentari di Pitagora. Corrado proseguì il suo lavoro anticipando in qualche modo i tempi della cucina “fusion”, mettendo insieme la regionalità italiana e la raffinata cucina francese tanto in voga all’epoca. Fece la stessa cosa, più o meno in quegli anni, Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, confermando ancora una volta che era Napoli a dettare tendenza. La “Cucina casarola co la lingua napolitana” fu un altro “best seller” in cui comparivano ricette della tradizione popolare come la parmigiana di melanzane e la pasta e fagioli.
Tanto per rimanere in ambito culinario, vi siete mai chiesti chi sia stato il primo a inventare la ristorazione? Una risposta univoca non esiste ma anche in questo caso i francesi si sono dati da fare. A Madrid esiste il Sobrino de Botìn, entrato a far parte del Guinness dei Primati come il ristorante più antico del mondo. Esiste dal 1765 e ad aprirlo fu proprio un francese, Jean Botìn, insieme alla moglie. Il ristorante è tutt’oggi celebre per il maialino da latte al forno ed è stato citato anche da Ernest Hemingway, notoriamente una buona forchetta, nel suo “Fiesta“. Locali che servivano bevande e pasti caldi risalgono a tempi ben più antichi, si ritrovano già in epoca romana e si sono evoluti, successivamente, in locande e osterie. Tutto ruota sempre attorno al concetto di ristorazione, il termine “ristorante” così come lo intendiamo oggi sarebbe nato proprio a Parigi. Il merito, seppure involontario, è di Monsieur Boulanger, che vendeva il suo delizioso brodo tra rue des Poulies e rue Baille. Riferendosi alla sua preparazione, Boulanger sosteneva, tramite un cartello affisso sulla porta, di servire “dei ristoranti divini”. L’atmosfera e il servizio si distinguevano dai locali dell’epoca e avevano attirato l’attenzione delle classi sociali più abbienti, è da lì che iniziò a prendere forma il ristorante così come lo conosciamo oggi.
Di padri legati al mondo della cucina ce n’è tantissimi, senza alcuni di loro non potremmo usufruire di comodità che oggi ci sembrano perfino scontate. Molti di questi papà, impossibile non notarlo, sono francesi: Antoine B. Beauvilliers fu un pioniere della ristorazione, aprendo il locale di lusso Grande Taverne de Londres; senza lo chef Chiboust non conosceremmo la torta Saint Honoré, che prende il nome della via in cui sorgeva la pasticceria. Senza Denis Papin non potremmo usare la pentola a pressione e se non ci fosse stato Marc Grégoire – inventore della padella antiaderente – ancora saremmo intenti ad imprecare contro il cibo che si attacca sul fondo del tegame. Uscendo dai confini francesi, ci sono tanti altri padri che ci hanno regalato gioie: come quelle del mattino, con il gorgoglìo della moka brevettata da Alfonso Bialetti nel 1933. Ma il caffè non si potrebbe preparare se James Sharp non avesse inventato il forno a gas. Samuel Henshall ha inventato il cavatappi, mentre John Gorrie, che ha brevettato il frigorifero, ci ha permesso di conservare a lungo i nostri cibi, rendendoci la vita decisamente più facile. Un po’ come ha fatto anche Percy Spencer, l’inventore del forno a microonde ha agevolato la vita dei più pigri e non solo. I papà sono spesso considerati delle figure di riferimento, capaci di dispensare buoni consigli. Da tutti questi padri c’è molto da imparare, offrono un’importante lezione di apertura mentale, insaziabile curiosità e continua sperimentazione.
Foto di Federica Di Giovanni
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