Bruscolini e pumpkin spice
Le zucche sono estremamente versatili per l’impiego in cucina ma a lungo sono state considerate un alimento destinato alle fasce più povere della popolazione. Una delle zucche più celebri di sempre è senza alcun dubbio quella di Cenerentola, trasformata in carrozza per permettere alla povera ragazza di andare al ballo. Ormai nell’immaginario collettivo Cenerentola ha il volto della principessa del classico Disney ma la sua storia ha origini ben più lontane ed esiste nelle versioni più disparate, un po’ dappertutto nel mondo, con le varianti del caso. La zucca tende, di per sé, a crescere a dismisura se trova il terreno adatto, spazio e nutrimento a sufficienza: è per questo motivo che in generale si trova ai margini dell’orto ed è lo stesso motivo per cui è stata la prescelta per diventare un mezzo di trasporto per Cenerentola. Questo personaggio in Italia è stato conosciuto a partire da “La gatta Cenerentola”, il racconto di Giambattista Basile estratto da “Lu cuntu de li cunti” (Il racconto dei racconti), trasposto sul grande schermo da Matteo Garrone. Sempre al cinema è arrivata una versione animata della storia, in una Napoli un po’ steampunk e decadente. Una delle versioni più conosciute è quella dei fratelli Grimm (Aschenputtel), quella meno pulp è invece la versione di Charles Perrault (Cendrillon), ripulita dai passaggi più cruenti tipici delle fiabe narrate da Basile. La fiaba di Cenerentola è talmente popolare che oggi è entrata a far parte del linguaggio comune: per esempio, nello sport “Cenerentola” è l’ultima squadra in classifica ma molto spesso la fiaba viene ripresa come riferimento metaforico. La protagonista, sfortunata per buona parte del tempo, è spesso utilizzata come simbolo di riscatto. Alla storia, però, si fa riferimento per i motivi più svariati: dal coprifuoco di mezzanotte alla scarpina di cristallo, il piccolo piede della protagonista, una ragazza che, dopo una serie di sofferenze, trova finalmente il suo posto nel mondo, lontana da matrigna e sorellastre perfide e dispettose.
Le feste pagane si assomigliano sempre un po’ e hanno spesso qualche punto in comune. La tradizione celtica da cui avrebbe preso vita Halloween, dopotutto, non è così diversa da quelle esistenti in diversi posti d’Italia – concentrati prevalentemente nelle regioni del Sud. Dalla Calabria alla Puglia, passando per Veneto e Sardegna, ci sono tantissime usanze correlate al giorno dei morti in cui si praticano rituali molto simili tra di loro e, soprattutto, a quelli tramandati fino ad oggi. Dalle zucche intagliate fino alle versioni “primordiali” dell’odierno “dolcetto o scherzetto?”, la preparazione di pietanze specifiche e il radunarsi per l’occasione. La credenza di un momento d’incontro tra vivi e morti trova riscontro in più culture, inclusa quella messicana con il suo celebre Dia de los muertos raccontato anche nel film d’animazione “Coco”. Il Paese che più di tutti, ai nostri giorni, ama festeggiare Halloween – dedicando alla festa ben più di un giorno – sono gli Stati Uniti. A Morton, Illinois, ogni anno dal 1973 si tiene il Pumpkin Festival, una quattro giorni dedicata alle zucche in tutte le declinazioni possibili. La cittadina si è proclamata capitale mondiale delle zucche, con il 95% della produzione dell’ortaggio negli USA e dell’80% di canned pumpkin, la zucca in scatola. Pare che le zucche vadano per la maggiore dalle parti dell’Illinois, tra le più celebri della musica rock ci sono gli Smashing Pumpkins, la band nata a Chicago. Le zucche, oltre che nell’alimentazione e nella musica, hanno avuto il loro ruolo silenzioso nell’arte, al cinema, nella tradizione pagana così come nella religione. La sintesi di tutto si può racchiudere nel delizioso “It’s the Great Pumpkin, Charlie Brown!” (Bill Melendez) in cui la Grande Zucca – tradotta in italiano con Grande Cocomero -, diventa una parodia della fede cieca attraverso gli occhi del piccolo Linus van Pelt. Qualcuno ha perfino considerato sacrilego il corto animato del 1966 in cui il bambino aspetta convinto e irremovibile, come ogni anno, l’arrivo del Grande Cocomero. Sa che la creatura sceglie l’orto che reputa più sincero e lì si palesa per poi offrire i suoi doni ai bambini di tutto il mondo e si augura sempre che il prossimo orto scelto sia il suo. Una versione alternativa di Santa Claus, insomma, che è meno improbabile di quanto possa sembrare: anche in alcune zone d’Italia, come la Daunia, esiste la tradizione di fare dei doni ai bambini in occasione della festa di Ognissanti. Oltre che una critica alla religione e ai praticanti (troppo) convinti, la storia di Charles M. Schulz può semplicemente rappresentare un piccolo sognatore e i suoi amici con i loro costumi improbabili. Linus scrive perfino una lettera al Grande Cocomero, proprio come se fosse Babbo Natale, di fronte alla diffidenza di tutti, a partire da Charlie Brown. C’è solo Sally a supportare a tratti la sua pazza idea di aspettare l’arrivo della zucca nel campo. Mai smettere di sognare, che sia Babbo Natale o una zucca gigante, prima o poi qualcosa o qualcuno di buono arriverà. E se non dovesse succedere, per dirla come Charlie Brown, non bisogna prendersela troppo. A tutti, prima o poi, capita di fare qualcosa di stupido e tutti, prima o poi, ci ritroviamo ad aspettare l’arrivo del Grande Cocomero.
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