Impastare
Toglieteci tutto, ma non la pizza.
Toglieteci tutto, ma non il pane.
Tutto, ma non la consolazione del carboidrato. Dev’essere così che è andata nella mente di molti italiani, quando nei giorni della quarantena gli acquisti di farina e lievito sono saliti alle stelle. Nella loro corsa ai supermercati, gli italiani hanno scelto gli ingredienti più elementari ma anche i più versatili, quelli che permettono di preparare dolci e salati di ogni tipo. Quelli che permettono di rendere le giornate meno noiose e di certo meno amare, anche se per poco.
La pasta, una pizza, la pastella per friggere, la crostata, le polpette, tutto richiede un impasto per prendere forma e dà forma ai giorni e alle ore che ci separano dalla normalità. Quand’è che abbiamo iniziato ad impastare? Abbiamo impastato da sempre, l’argilla e la creta, l’acqua e la farina, le idee e le parole, che vengono fuori soffici e profumate come una torta di mele. Si impasta il calcestruzzo, che poi serve a fare le case. Le case servono a metterci dentro le persone. E le cucine, quelle in cui si preparano impasti per piatti prelibati, legandosi il grembiule dietro la schiena, fieri con l’aplomb degli chef stellati, senza più timore a pasticciare tra i fornelli alla ricerca dei legami perfetti: è tempo di lasagna.
La Treccani dice che impastare è manipolare una o più sostanze solide con l’aggiunta di acqua o altro liquido. Ci sono il latte e le uova, lo zucchero e il sale: su Google tutti cercano gli impasti più facili e veloci da fare, i temerari si vogliono spingere oltre e confrontarsi con i titani della panificazione. Cercano le ricette dei loro beniamini e il tempo è dalla loro parte, avranno modo di studiare nel dettaglio lievitazione e idratazione. Da tutti questi impasti verrà fuori non solo un popolo di amanti della pizza, ma un popolo di pizzaioli. È il trionfo della manualità, la riscoperta di un artigianato in chiave intima, tra le mura di casa, la bellezza del tatto sull’impasto morbido, che cresce e lievita, il profumo degli ingredienti che si bilanciano e si plasmano. Poi prendono vita, nell’abbraccio caldo del forno, e diventano pronti da mordere, finiscono sotto i denti, rilasciano serotonina. La felicità fatta su misura e a portata di mano. Bastano un barattolo di farina, altri pochi ingredienti, una teglia capiente, un forno preriscaldato e mani forti. O una planetaria.
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