Libiamo ne’ lieti calici!
I primi contenitori di bevande risalgono al IV secolo a.C. e già ne esistevano in vetro. Bisognerà aspettare però il I secolo d.C. e l’apprendimento della tecnica della soffiatura per la produzione su larga scala. Se si pensa a dei veri e propri maestri nella lavorazione del vetro viene in mente Venezia, le richieste per i bicchieri prodotti dagli artigiani veneziani arrivavano da tutta l’Europa. Nel corso dei secoli anche i bicchieri hanno vissuto la loro evoluzione, sono stati lavorati con materiali diversi, più o meno leggeri, più o meno decorati o colorati, da Venezia all’Inghilterra fino alla Germania, ci sono state le mode e gli stili più disparati.
Birra e Yard
Ad oggi questa lunga tradizione ci fa ritrovare numerose tipologie di bicchiere a seconda delle occasioni o di ciò che devono contenere. Se andate al pub a chiedere della birra, chi segue fedelmente la tradizione tedesca vi offrirà un bel boccale: robusto, pesante, a volte con il coperchio. In Italia più facilmente ci troviamo di fronte alla pinta di derivazione inglese e irlandese, perfetta per le birre stout ma ancora più diffuso è il pilsner, utilizzato per birre chiare. Non si tratta di piccoli capricci o scelte estetiche, ogni bicchiere si adatta al meglio a ciò che contiene e ne valorizza le proprietà. Avete mai visto uno Yard? Lungo quasi un metro, è molto stretto e arrotondato alla base, si allarga in cima e bere da questo enorme bicchiere è roba da professionisti. Amato già nel ‘600, ha avuto fortuna anche in Australia, dove studenti ed ex primi ministri (Bob Hawke) si divertono a bere tutto il contenuto dello yard senza mai fermarsi.
Da Maria Antonietta al Santo Graal
Come per la birra, anche vino e cocktail hanno i loro bicchieri: il flûte per lo spumante lo conosciamo tutti e il flûte stesso ha diversi formati a seconda dello spumante che si sceglie di bere; da non confondere con la coppa di cristallo preferita invece per lo champagne. Si dice spesso che il seno perfetto debba avere le dimensioni di una coppa per champagne perché la leggenda narra che in Francia fu modellata sul seno di Maria Antonietta. Dal profano al sacro: Gesù beveva dalla coppa il vino dell’ultima cena, questa forma di bicchiere è una delle più diffuse e ha assunto un valore simbolico nella religione cristiana, nel Medioevo era raffigurato come Santo Graal. Ha una forma leggermente diversa la coppa d’Asti, che prende il nome dal noto spumante ma che oggi viene utilizzata anche per i cocktail.
La coppa da cocktail per eccellenza rimane il celeberrimo Martini Cocktail Glass dall’inconfondibile forma conica. Non è il primo caso in cui il bicchiere prende il nome dal suo cocktail, il Collins si usa per la preparazione del Tom Collins, long drink a base di gin che conosce molte varianti. Brandy e cognac si bevono nel cosiddetto balloon o snifter, il bicchiere a stelo con la parte inferiore larga e in cima più stretto permette di valorizzare l’aroma e mantenerlo all’interno del bicchiere, in questo caso l’alcol per essere gustato al meglio deve essere versato in piccole quantità. Per gli animi più vintage rimane l’old fashioned, normale o doppio per servire liquori on the rocks ma anche cocktail, come il suo omonimo, esattamente come nel caso di Martini e Collins. Potremmo continuare all’infinito ed espandere il discorso ad altri indispensabili contenitori di bevande come le tazze. Ci sono in vetro, in plastica, in metallo, quelle da té, da caffè, da cappuccino, le mug amatissime dai collezionisti, più o meno pregiate, una finestra su un altro modo. Ci torneremo presto, ma nel frattempo mandiamo giù tutto d’un fiato un buon vecchio bicchiere della staffa.
Foto di Federica Di Giovanni
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