Poltergeist, dal tedesco “spirito rumoroso”, è il termine che si usa per riferirsi a quel
fenomeno paranormale che comporta spostamenti di oggetti, strani rumori e altri eventi razionalmente inspiegabili. Il Poltergeist è stato riscontrato numerose volte, fin dai tempi antichi, e ne esistono casi particolarmente famosi. Uno è sicuramente quello di Enfield, che ha visto coinvolta la coppia dei
Warren, i due demonologi diventati celebri anche grazie al cinema. Da “Amityville horror” a “The Conjuring”, sono diverse le storie legate alla coppia di coniugi ricercatori del paranormale e il cinema, in generale, è pieno zeppo di storie legate a questi fenomeni e non solo. Lo stesso
poltergeist è alla base della trama dell’omonimo film di
Tobe Hooper, scritto e prodotto da
Steven Spielberg, che fece scalpore nel 1982. Una delle scene iconiche del film è quella della bistecca, una scena non adatta a chi è particolarmente sensibile ma che potrebbe essere l’ideale per chi aspira a convertirsi al vegetarianismo. Il cibo gioca sempre un ruolo importante nel cinema horror e a volte ne diventa perfino protagonista. Succede se incontra la
wacky comedy in stile “
L’attacco dei pomodori assassini” (che ha avuto ben tre sequel e tra i protagonisti del secondo c’è un George Clooney agli esordi) o nei b-movie in stile “
Dead sushi”. Il cibo può trasformarsi in un’arma del delitto, almeno nel caso in cui si tratti di un cosciotto d’agnello tra le mani di
Kathleen Turner ne “
La signora ammazzatutti”. In altri casi, invece, è utile ai fini della narrazione: non esisterebbe la scena iconica de “
L’esorcista” se non ci fosse stata la zuppa di piselli, anche se nella maggior parte dei casi viene presentato in forme più estreme. Una delle tematiche più gettonate, quando si tratta di horror, gore e tutti i vari sottogeneri, è sicuramente il cannibalismo. Orribile e ripugnante, è stato a lungo trattato sia in ambito letterario che cinematografico. Dal punto di vista antropologico ha sempre riscosso molto interesse ma al contempo è stato soggetto a numerosi pregiudizi e leggende metropolitane, a causa delle quali la realtà si è mescolata con racconti di fantasia. L’antropofagia ha diverse declinazioni – anche a seconda del trattamento che viene “riservato” alle vittime – e una delle più diffuse è quella legata ai rituali magici. Diverse tribù pensa(va)no di poter ricevere poteri o proprietà particolari attraverso l’ingerimento di organi specifici, in altri casi i rituali potevano prolungarsi per tempi ancora più lunghi. C’è, poi, chi potrebbe ritrovarsi a mangiare carne umana in maniera del tutto inconsapevole, come i clienti di Mrs. Lovett in “
Sweeney Todd” o gli ospiti del castello di Frank’n’Furter in “
The Rocky Horror Picture Show”. Il cannibale più famoso di tutti rimane sempre e comunque
Hannibal Lecter e nella memoria collettiva è impresso il volto di
Anthony Hopkins. A confronto con i film più cruenti che trattano il tema, però, Hannibal sembra essere uscito da un romanzo Harmony.
Celebre è anche lo zucchero filato di “Killer clowns from outer space” così come il cattivissimo pasto servito da Bette Davis a Joan Crawford in “Che fine ha fatto Baby Jane?”, emblema della rivalità tra le due sorelle nel film e tra le due attrici nella vita reale. Horror, thriller, commedia che sia, il cibo nei film riesce sempre ad essere rappresentato in maniera versatile e a veicolare un preciso messaggio e riesce a catturare la scena anche quando non ne ha necessariamente uno da trasmettere. Dopotutto, basta anche solo un po’ di ketchup per avere un effetto splatter. Il cibo rimane facilmente impresso: basti pensare ai popcorn scoppiettanti di “Scream” nella scena in cui Drew Barrymore risponde al telefono, all’inquietante pollo di “Eraserhead” di David Lynch, a una “semplice” limonata di “Cabin Fever”, un innocente bicchiere di latte affiancato dai cereali Froot Loops come in “Get out” o la pizza di Alice in “Nightmare 4 – Il non risveglio“. In “Shining” il cibo è una risorsa essenziale nell’abbondante dispensa dell’Overlook Hotel (ma non sufficiente per la sanità mentale di Jack Torrance) e trova il suo spazio nella serie antologica “American Horror Story”. In “Murder House”, per esempio, sono diventate iconiche le cupcake al cioccolato e violetta portate dalla invadente vicina di casa Constance, impersonata da Jessica Lange. La regola numero uno è che non bisogna fidarsi troppo di vicini ficcanaso (“Rosemary’s baby” insegna) e della qualità degli ingredienti utilizzati nelle loro ricette. Proprio per non scadere nei cliché dei film horror, anzi, bisognerebbe fare sempre il contrario di quel che si sta pensando, resistendo alla tentazione di un piatto apparentemente buonissimo.
Foto di Federica Di Giovanni