Il Mulino di ViVa la farina, passione comune da coltivare giorno dopo giorno
Alberto Iossetti è l’architetto di ViVa e il foglietto che dice “quando hai imparato a nuotare” si rivela azzeccatissimo nel suo caso. Perché Alberto si è appassionato al nuoto quando aveva 6 anni, ha fatto agonismo e poi è stato nel salvamento dei Vigili del Fuoco. Insomma, ha nuotato per buona parte della sua vita. “Sono dovuto andare a nuotare troppo e alla fine ho cambiato sport. Il lavoro nei Vigili del Fuoco mi ha consentito di girare un po’ l’Italia, mi ha anche fatto divertire, ma poi ho deciso di cambiare”. L’idea di nuotare non è più così allettante, adesso Alberto si dedica a tutt’altro ma c’è un filo conduttore nel suo percorso di vita e professionale. “Da bambino sognavo di diventare un tecnico delle luci. Alla fine, mi sono laureato in Architettura con una tesi sul light design, tutto torna. Le passioni si coltivano e possono sfociare in altre opportunità”. Guarda la bottega e dice “In effetti, la luce della bottega è una figata!”.
Andrea Badino rappresenta la parte agricola della filiera, ha conosciuto i colleghi insieme al fratello tramite un amico in comune. “Tutto è nato da lì, siamo cresciuti poco per volta, fino a diventare quello che siamo oggi”. Il bigliettino pescato da Andrea lo porta lontanissimo dal mondo del pane e della farina, al primo amore. “Il primo amore serio? A 18 anni, una storia che è durata tre anni ma che poi è finita. Se potessi, però, non tornerei indietro. Oggi sto bene così, ho una bella famiglia, altre soddisfazioni ed altri piaceri, una vita un po’ più tranquilla”. Tranquilla sì, ma sempre pronta a restituire qualcosa: “La vera soddisfazione di questo lavoro è vederlo crescere tutti i giorni. È vedere che alla gente piace e che lo apprezzano anche i grandi chef. Il futuro non possiamo conoscerlo ma spero di aprire altri dieci posti così!”.
Provate a immaginare un mulino senza il mugnaio? Impossibile. Per questo Lorenzo Cussino è stato il secondo ad essere coinvolto nel progetto. Il suo bigliettino suggerisce Roma, la città dov’è nato il secondo Mercato Centrale. “Io Roma la associo a Gabriele Bonci, che è un panettiere famoso. Ci conosciamo e c’è rispetto reciproco, sarebbe un piacere poter lavorare con lui un giorno”. Se c’è una città che Lorenzo ha particolarmente a cuore, però, è Torino. “Vengo dalla provincia di Cuneo ma Torino la sento un po’ mia. Ho studiato qui, ci vengo spesso per lavoro e la cosa più bella di questa città, secondo me, è il suo aspetto architettonico. Mi piace moltissimo la Mole, suggerisco di visitare la Gran Madre e poi, ovviamente, Porta Palazzo. La sto scoprendo anch’io, se devo essere sincero prima non ci venivo molto spesso. È veramente bella, mi ha colpito molto la gente. Hanno tutti paura ma, sarò stato fortunato io, vedo una comunità ben radicata e per bene, che mi piace”.
Mattia Giardini si definisce “il trafficante” in questo progetto e il suo bigliettino prevede la scelta di alcuni oggetti da conservare in una capsula del tempo. Se qualcuno dovesse aprirla tra 100 anni, cosa ci troverebbe dentro? “Più che degli oggetti, ci metterei dentro delle cose che ho imparato e che ci vorrebbero per le generazioni future. La curiosità, la stessa che ha spinto noi a dare vita a questo progetto. Ognuno di noi aveva il suo lavoro e la sua attività quando abbiamo deciso di intraprendere quest’avventura. Eravamo curiosi del mondo del grano e delle farine, avevamo voglia di fare qualcosa di nuovo e di diverso. La curiosità è alla base di ogni tipo di innovazione e deve essere alla base di progetti come questo. Se dovessi scegliere qualcosa a me caro, penserei a una bottiglia di vino, visto che sono anche un produttore. Un Timorasso o una Freisa, due vini autoctoni piemontesi che sono sempre stati vinificati in maniera semplicistica ma che hanno delle grandissime capacità. Direi che sono dei grandi puledri: basta saperli far correre! Secondo me sono delle bottiglie che potrebbero esserci tra cent’anni, come i Baroli o i grandi vini francesi. E poi un paio di scarpe da corsa. Mi piace tanto correre e fare sport, quindi un paio di scarpe può sempre essere utile per andare dove vuoi”.
I quattro protagonisti di ViVa la farina ricordano ancora il momento esatto in cui sono entrati a far parte della squadra del Mercato Centrale Torino. “Eravamo al Cibus, era un martedì”. Una chiamata a Umberto Montano per parlare del progetto che, secondo Mattia, non era stata convincente. Non abbastanza da fare breccia. Pochi minuti dopo Alberto ha suggerito l’idea di fare un mulino dentro il mercato ed è lì, in quel preciso momento, che è scoccata la scintilla. Tutto il resto è una storia che si può vedere e toccare con mano, al Mercato Centrale Torino.
Foto di Federica Di Giovanni
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